IL CREDITO D’IMPOSTA PER L’ATTIVITA’ DI RICERCA E SVILUPPO NON PUO’ ESSERE TRASFERITO.

Il credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, ai sensi dell’articolo 1, comma 35, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, non ceduto nell’operazione straordinaria di cessione del ramo d’azienda è perso secondo l’Agenzia delle Entrate. Infatti l’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, interamente sostituito dall’articolo 1, comma 35, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e da ultimo modificato dall’articolo 1, comma 15, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 riconosce a tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, “a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020”, un credito di imposta commisurato alle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico 27 maggio 2015 sono state disciplinate le modalità attuative dell’agevolazione. L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti con le circolari n. 5/E del 16 marzo 2016 e n. 13/E del 27 aprile 2017.

Con particolare riferimento alle modalità di fruizione del credito d’imposta in oggetto, l’articolo 3, comma 8, del decreto-legge n. 145 del 2013 dispone che tale credito è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Non potendo, dunque, essere chiesto a rimborso, il credito non può essere ceduto ai sensi dell’articolo 43-bis del decreto Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 secondo cui: “Le disposizioni degli articoli 69 e 70 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, si applicano anche alle cessioni dei crediti chiesti a rimborso nella dichiarazione dei redditi. Il cessionario non può cedere il credito oggetto della cessione. Gli interessi di cui al primo comma dell’articolo 44 sono dovuti al cessionario.”. Il rinvio espresso operato dal citato articolo 43-bis alle disposizioni di cui agli articoli 69 e 70 del regio decreto n. 2440 del 1923, ne esclude di fatto l’autonoma applicazione ai crediti d’imposta che non possono essere oggetto di rimborso. D’altronde lo stesso articolo 69, nel disporre l’obbligo di notifica delle cessioni allo Stato, subordina le medesime ai casi “in cui sono ammesse dalla legge”. Nel caso prospettato non è, altresì, possibile invocare la cessione dei crediti ex articolo 1260 del codice civile, secondo cui “Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge.”. Le norme che disciplinano il credito per ricerca e sviluppo non contengono alcun richiamo al citato articolo 1260 del c.c., né è possibile assimilare detto credito a quelli per i quali la cessione è stata ammessa, in via interpretativa, nel presupposto che i fruitori del credito erano dei meri intermediari tra l’Amministrazione e i destinatari della agevolazione cui il credito si riferiva (cfr. risoluzione n. 15/E del 5 marzo 2010 concernente i crediti da rottamazione delle auto). Il fruitore del credito da ricerca e sviluppo coincide, infatti, con l’effettivo beneficiario dell’agevolazione, ossia con colui che effettivamente ha sostenuto la spesa. A tal proposito, l’Amministrazione finanziaria, con diversi documenti di prassi, ha più volte affermato la non trasferibilità dei crediti d’imposta di natura similare a quello in argomento in forza della natura soggettiva dei medesimi: essi infatti maturano esclusivamente in capo ai soggetti che effettuano l’investimento e non possono essere trasferiti a soggetti terzi per effetto di atti realizzativi. Il trasferimento della titolarità è, infatti, ammissibile unicamente nei casi in cui specifiche norme giuridiche prevedono, al verificarsi dell’operazione, una confusione di diritti e obblighi dei diversi soggetti giuridici interessati; ad esempio, nei casi di fusione (cfr. circolare del 9 maggio 2002, n. 38/E), successione per decesso dell’imprenditore individuale (cfr. risoluzione del 26 giugno 2003, n. 140/E), scissione (cfr. risoluzione del 30 giugno 2003, n. 143/E). Ugualmente i crediti di tal natura possono essere trasferiti nell’ambito della cessione del ramo d’azienda che l‘ha generato.

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