La Trasformazione eterogenea: attenti agli abusi!

La trasformazione eterogenea da una società di capitali ad una comunione d’azienda è disciplinata dall.art. 2500 – septies  del codice civile.  L’art. 2498 cod. civ.  dispone che, con la trasformazione, l’ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell’ente che ha effettuato la trasformazione. Quindi la trasformazione sia essa omogenea che eterogenea ha un elemento comune caratterizzante che il Legislatore ha indicato nell’art. 2498 del c.c., cioè quello della continuità dei rapporti giuridici. In altri termini con la trasformazione l’ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi oltre che i rapporti in corso di esecuzione sia sotto il profilo sostanziale che processuale. Quindi l’esplicita consacrazione normativa del principio di continuità dei rapporti giuridici recepisce l’orientamento ormai consolidato che considera la trasformazione come una vicenda meramente modificativa e non novativo-successoria. Pertanto la trasformazione non comporta l’estinzione dell’ente e la creazione di un nuovo soggetto giuridico, ma solo un mutamento della struttura organizzativa del medesimo ente. Tale esito, inoltre, non si verifica nemmeno quando, a seguito della trasformazione da un tipo personalistico ad uno capitalistico, ovvero anche all’inverso – come accade nella trasformazione c.d. regressiva: cfr. Cass. Civ., Sez. II, 15622/12 – la società trasformata acquisisce la personalità giuridica. Deve rilevarsi, tuttavia, che, se vi è  continuità nei rapporti giuridici nella trasformazione eterogenea di una società in associazione o di un consorzio con attività esterna in società consortile, di una società cooperativa in società lucrativa, qualche difficoltà nel configurare la continuità nei rapporti giuridici può verificarsi nell’ipotesi di trasformazione eterogenea di società in comunione d’azienda o fondazione in società, e viceversa. Infatti, nella trasformazione di associazione in società, il capitale sociale della trasformata è diviso in parti uguali fra gli associati, salvo diverso accordo ed i soci della società coincideranno con gli associati.  Inoltre il principio di continuità nei rapporti giuridici è difficilmente configurabile ancor di più nell’ipotesi di trasformazione eterogenea in società di capitali di una comunione d’azienda, realtà giuridica priva di qualunque soggettività ed autonomia patrimoniale. Non è infatti semplice sostenere che l’ente societario o non societario, una volta trasformatosi in comunione d’azienda, mantenga invariata la propria soggettività giuridica o parimenti che la comunione d’azienda, dopo la trasformazione in società, acquisti una soggettività giuridica di cui prima era sprovvista, in palese contrasto evidentemente con la natura meramente modificativa e non novativa della trasformazione eterogenea.

Nel caso di una trasformazione della società in comunione, i beni comuni saranno cointestati a tutti soci ed  i debiti saranno confusi con quelli soci. Non opera più, per assenza della personalità giuridica, un patrimonio della società.  Spesso questa fattispecie potrebbe essere utilizzata per raggirare norme imperative di legge, con un palese abuso del diritto. Esempio di scuola è quello di  una società che si trasforma in comunione d’azienda,  il patrimonio attivo e i debiti saranno assegnati alla comunione. Se tale società trasformata è partecipata dai soci persone giuridiche ci troveremo davanti ad una comunione d’azienda, gestita da una o più  società di capitali, una sorta di fusione per incorporazione, senza il rispetto delle norme sulla fusione.

Altro esempio è quando si vuole far cessare l’attività assegnando tutti i beni ad una società che non ha più le caratteristiche per essere considerata fallibile. Anche in questo caso i debiti non si estinguono ed anzi c’è il rischio della perdita del beneficio della responsabilità limita. In entrambi i casi opera sempre l’art.2498 del codice civile sulla continuità dei rapporti giuridici.

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