I Crediti ceduti dalle banche vanno identificati nella pretesa.
Cassazione civile, Sez. 1, Ordinanza 9529 del 4/4/ 2019
Il credito ceduto da una banca, ai sensi della legge n. 130 del 1999 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, non fornisce, secondo la Corte di Cassazione adeguata dimostrazione della legittimazione attiva, non risultando in atti l’atto di cessione del credito, né adempiuto l’obbligo della cessionaria di darne notizia al singolo debitore ceduto alla prima occasione utile, né concretamente evidenziato, nella pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, quanto richiesto dalla Banca d’Italia nelle disposizioni di attuazione del Testo Unico Bancario.
La particolare disciplina cessioni di credito è desumibile dal combinato disposto degli artt. 4 della legge 30 aprile 1999, n. 130, e 58, commi 2, 3 e 4, del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (nel testo risultante dalle modifiche apportategli dal d.lgs. n. 342 del 1999), di indubbia portata derogatoria rispetto a quella generale dettata dal codice civile. In particolare, l’art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, specificamente richiamato dall’art. 4, comma 1, della legge n. 130 del 1999, nel consentire «la cessione a banche di aziende, di rami d’azienda, di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco», deroga alla disciplina ordinariamente prevista per la cessione del credito e del contratto: a) subordinandone l’efficacia alla notizia data dalla banca cessionaria mediante l’iscrizione della cessione nel registro delle imprese e la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale; b) disponendo che tali adempimenti producono i medesimi effetti dell’accettazione o della notificazione previsti dall’art. 1264 cod. civ.; c) attribuendo ai creditori ceduti la facoltà di esigere l’adempimento sia dal cedente che dal cessionario entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari; d) disponendo che, trascorso il predetto termine, risponde in via esclusiva il cessionario; e) consentendo ai contraenti ceduti di recedere per giusta causa dal contratto, entro il medesimo termine; f) escludendo la necessità di qualsiasi formalità o annotazione per la conservazione, in favore del cessionario, della validità e del grado dei privilegi e delle garanzie prestate a favore del cedente, nonché delle trascrizioni nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziari compresi nella cessione. E’ altresì opportuno ricordare che il comma 7 del suddetto art. 58, inserito dall’art. 12 del d.lgs. 342/99 (qui applicabile ratione temporis), prevede che le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle cessioni in favore dei soggetti, diversi dalle banche, inclusi nell’ambito della vigilanza consolidata ai sensi dell’articolo 65 ed in favore degli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale previsto dall’articolo 107 (tale comma è stato successivamente sostituito dall’art. 8, comma 1, del d.lgs. 13 agosto 2010, n. 141, successivo, però, alla cessione per cui è causa).
Tale disciplina trova giustificazione principalmente nell’oggetto della cessione, costituito, oltre che da intere aziende o rami di azienda, da interi «blocchi» di beni, crediti e rapporti giuridici, individuati non già singolarmente, ma per tipologia, sulla base di caratteristiche comuni, oggettive o soggettive: è per tale motivo, oltre che per il gran numero dei soggetti interessati, che la norma prevede, tra l’altro, la sostituzione della notifica individuale con la pubblicazione di un avviso, cui possono aggiungersi forme integrative di pubblicità. A tal fine, è prevista anche l’emanazione d’istruzioni da parte della Banca d’Italia, la quale, nell’esercitare il relativo potere, ha confermato che per «rapporti giuridici individuabili in blocco» devono intendersi «i crediti, i debiti e i contratti che presentano un comune elemento distintivo», chiarendo che lo stesso «può rinvenirsi, ad esempio, nella forma tecnica, nei settori economici di destinazione, nella tipologia della controparte, nell’area territoriale e in qualunque altro elemento comune che consenta l’individuazione del complesso dei rapporti ceduti» (cfr. circolare n. 229 del 21 aprile 1999). La possibilità di fare riferimento alle caratteristiche dei rapporti ceduti, quale criterio per l’individuazione dell’oggetto del contratto, non rappresenta, d’altronde, un’anomalia rispetto alla disciplina generale dettata dall’art. 1346 cod. civ., il quale, prescrivendo che l’oggetto del contratto deve essere «determinato o determinabile», non richiede che lo stesso sia necessariamente indicato in maniera specifica, a condizione che esso possa essere identificato con certezza sulla base di elementi obiettivi e prestabiliti risultanti dallo stesso contratto
Il cessionario avrebbe dovuto anche indicare e trascrivere nel ricorso, quanto meno sommariamente, il contenuto degli altri, e precedenti, avvisi di pubblicazione richiamati in quello appena descritto. A tanto, invece, non ha provveduto, limitandosi ad invocare, al fine di ritenere provata la titolarità dei crediti de quibus (tra cui quello oggetto della richiesta di insinuazione al passivo del fallimento), il mero rinvio, per relationem a detti avvisi, da considerarsi, invece, affatto insufficiente al fine di stabilire, senza incertezze, l’esatta corrispondenza, seppure per categorie, tra i rapporti ceduti in blocco.
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