Terreni del demanio civico – “Sdemanializzazione” dei suoli.
Terreni del demanio civico – “Sdemanializzazione” dei suoli disposta ex art. 8 della l.r. Lazio n. 1 del 1986 – Successiva declaratoria di incostituzionalità della norma – Procedimento di accertamento della “qualitas soli” – Giurisdizione commissariale – Sussistenza-Fondamento.
In tema di regolamento di giurisdizione relativo ad un procedimento di accertamento della “qualitas soli”, promosso dal Commissario per la liquidazione degli usi civici, qualora i ricorrenti alleghino – a fondamento della giurisdizione del giudice amministrativo – l’avvenuta “sdemanializzazione” dei suoli, sulla base di una disposizione recata da una legge regionale (nella specie, l’art. 8 della l.r. Lazio n. 1 del 1986) per la quale sia sopravvenuta la dichiarazione di illegittimità costituzionale (nella specie, con la sentenza della Corte cost. n. 113 del 2018, che ha affermato la carenza di potere della Regione nel disporla) per l’esistenza di un vizio originario di quella stessa disposizione, l’inefficacia della previsione normativa si comunica anche ai provvedimenti amministrativi che, sulla base di essa, hanno disposto il mutamento della qualità dei suoli, con il conseguente radicamento della giurisdizione in capo al Commissario ai sensi dell’art. 29, comma 2, della l. n. 1766 del 1927.
In linea generale, Cass. Sez. U, Ordinanza n. 9829 del 2014, ha affermato che: Appartiene alla giurisdizione del Commissario agli usi civici (nella specie, per l’Abruzzo) la domanda diretta a dichiarare la nullità di contratti dispositivi, in favore di un privato, di terreni gravati da uso civico, trattandosi di questione che presuppone la necessità, anche in assenza di un’esplicita contestazione della “qualitas soli”, di un accertamento preliminare sull’esistenza di un diritto civico sulle terre oggetto del giudizio.
Più in particolare, la massima costituisce una modulazione del già affermato principio (Sez. L, Sentenza n. 6001 del 1995) secondo cui: Nel caso in cui l’atto amministrativo sia stato emanato in carenza di potere (nella specie in rapporto alla dichiarazione di illegittimità costituzionale di norma costituente presupposto del potere della pubblica amministrazione), il giudice deve accertare – sia pure “incidenter tantum” e senza effetti di giudicato, nell’assenza dal giudizio dell’autorità da cui proviene l’atto – la originaria inefficacia dell’atto stesso ai fini della decisione sul rapporto dedotto in giudizio. Conseguentemente non rileva il principio secondo cui la disapplicazione in senso stretto o tecnico – relativa cioè ad un atto amministrativo dotato della sua efficacia tipica ed incidente sul rapporto oggetto del giudizio ordinario -, non può operare nei confronti di colui che, per essere parte del rapporto oggetto del provvedimento amministrativo e destinatario di esso, può reagire all’affievolimento del diritto solo a mezzo di impugnazione proposta al giudice amministrativo; così come non può entrare in questione il divieto per il giudice ordinario di sindacare anche il merito dell’atto, e quindi gli accertamenti di fatto riservati all’amministrazione, sussistente quando egli debba verificare la legittimità dell’atto stesso sotto il profilo dell’assenza dei vizi di violazione di legge, incompetenza o eccesso di potere.
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