Depositi IVA.

Depositi IVA, autofattura elettronica solo se è mutato il valore.

Le autofatture emesse per l’estrazione dei beni da un deposito IVA possono, secondo la libera determinazione dei soggetti operanti, essere analogiche o elettroniche extra SdI, con obbligo di fattura elettronica via SdI nel solo caso in cui il bene, estratto dall’operatore italiano, durante la permanenza nel deposito sia stato oggetto di una prestazione di servizi, territorialmente rilevante in Italia, che ne ha modificato il valore.

Il chiarimento è contenuto nella Risposta n. 142 pubblicata dall’Agenzia delle Entrate a seguito dell’interpello presentato da un commerciante di accessori per autoveicoli per chiedere se vi sia l’obbligo di emissione di fattura elettronica in caso di estrazione da un deposito IVA di merci importate da un Paese asiatico.

Secondo quanto chiarito dalle Entrate, nelle ipotesi in cui non c’è corrispondenza tra valore del bene introdotto nel deposito e valore del bene estratto, quest’ultimo deve essere incrementato delle spese ivi sostenute e ad esso riferibili. Le norme stabiliscono, infatti, che il corrispettivo o valore della merce al momento dell’introduzione deve essere aumentato del costo delle prestazioni di servizi, territorialmente rilevanti in Italia, eventualmente rese nel deposito aventi ad oggetto i beni stessi, fermo restando che, se tali prestazioni sono state assoggettate ad imposta, il relativo corrispettivo ne è escluso (art. 50-bis c. 6 DL 331/93). In questi casi il documento emesso al momento dell’estrazione assume una funzione ulteriore rispetto alla mera integrazione di altro precedente, in quanto strumentale ad individuare il (nuovo) valore del bene estratto e la corretta base imponibile. Per tali ragioni l’autofattura deve seguire le regole generali ed essere, in assenza di eccezioni o divieti, elettronica tramite SdI.

Risp. AE 14 maggio 2019 n. 142.pdf

Art.50-bis c. DL 30 agosto 1993 331

CNDCEC-CNF

Antiriciclaggio

Direttiva antiriciclaggio, osservazioni di CNDCEC e CNF al decreto attuativo

Un documento per analizzare lo schema di decreto legislativo attuativo della quinta direttiva antiriciclaggio – Dir. 2018/843/UE: il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) e il Consiglio Nazionale Forense (CNF), intendono partecipare congiuntamente alla consultazione pubblica proposta dal Dipartimento del tesoro del Ministero dell’Economia e delle Finanze relativamente alle modifiche al D.Lgs. 231/2007.

Tra le osservazioni dei due Consigli, quella in merito all’ulteriore potere di controllo in capo al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza: l’aumento dei poteri ispettivi «deve essere integrato con l’espressa menzione del diritto del soggetto obbligato ad essere assistito da un professionista (avvocato o commercialista) in sede di ispezione e controllo».

In merito alla relazione annuale degli organismi di autoregolamentazione, i due Consigli ricordano che la nuova versione del D.Lgs. 231/2007prevede che in essa sia incluso anche il numero dei decreti sanzionatori e delle misure sanzionatorie adottati nei confronti degli iscritti nell’anno solare precedente. «Tanto premesso, si rileva che il dato relativo al numero dei decreti sanzionatori e delle altre misure sanzionatorie adottati dalle autorità competenti nei confronti degli iscritti nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili non è conosciuto né conoscibile dagli organismi di autoregolamentazione».

Per quanto riguarda il furto di identità e la consultazione del sistema pubblico per la sua prevenzione, si evidenzia come «l’utilizzo da parte dei soggetti obbligati di strumenti di ausilio ai fini del corretto espletamento degli obblighi di adeguata verifica della clientela non può in alcun modo avvenire a titolo oneroso».

I due Consigli evidenziano quindi che nella nuova formulazione dell’art. 20, c. 4, D.Lgs. 231/2007 «l’identificazione del titolare effettivo – soprattutto nei contesti dei gruppi di società, in assenza di una persona fisica titolare di almeno il 25% delle partecipazioni sociali nella società di ultima istanza – presenta dei caratteri equivoci che meritano di essere chiariti nel contesto del recepimento della quinta direttiva».

Osservazioni congiunte CNDEC, CNF 19 aprile 2019

art. 20 c. 4 D.Lgs. 21 novembre 2007 n. 231

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